IL Molino di Menicone

 

   
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Sono previste visite didattiche, attività di laboratorio, differenziate per tipologia di utenza e forme di fruizione. Su richiesta di scuole o enti, sia pubblici che privati, vengono altresì realizzati percorsi didattici personalizzati.

  visita didattica
       
 

Obiettivi: promuovere e valorizzare la cultura materiale del territorio; confrontare la cultura locale di ieri con quella attuale.
Programma: nel laboratorio viene illustrata la produzione del grano della farina e viene poi eseguita la dimostrazione pratica di come si confezionava il pane in ambiente domestico, con la partecipazione diretta degli alunni alla gramolatura dell'impasto e alla confezione della pezzatura. Al museo sono poi illustrati gli oggetti esposti inerenti all'argomento.

   
       
  COME FUNZIONA IL MULINO    
       
 

Per far funzionare un mulino tradizionale occorreva che l'acqua scorresse sempre. La pioggia era l'occasione ideale per lavorare giorno e notte, con due o tre macine.

Si cominciava a macinare verso agosto e si proseguiva fino a novembre. Poi c'era una pausa che andava fino a primavera. Le macine andavano sempre tenute sotto controllo: dovevano essere dure, porose, omogenee e ben regolate nel peso. Quelle troppo pesanti finivano col surriscaldare la farina. L'operazione essenziale per mantenere sempre affilate le macine era la cosiddetta "rabbigliatura", praticata con martelli taglienti.

Altro elemento determinante per la qualità della farina era la velocità di rotazione, che veniva regolata modificando la distanza tra le macine e misurando la quantità di cereale da macinare. Due quintali all'ora era una buona produzione.

   
       
  GLOSSARIO ESSENZIALE    
       
 

ABBURATTAMENTO. Operazione consistente nell'eliminare la buccia del grano, cioè la crusca, che dopo la triturazione del cereale rimane mescolata alla farina. Si svolge scuotendo il miscuglio su un setaccio, in modo da far passare la farina e far restare la crusca.

MACINA. E' la parte operatrice del mulino. Serve a triturare e polverizzare i cereali. Una macina superiore, rotante, sfrega contro quella inferiore, fissa.

MULINO. Impianto installato per la macinazione dei cereali. Il nome deriva dalla parola latina molere, che significa appunto macinare. Dal XII sec. in poi si costruirono oltre ai mulini ad acqua, anche quelli a vento e quelli che sfruttavano l'energia della marea. Oggi, nell'industria alimentare, s'intende per mulino l'intero impianto di trasformazione del grano in farina.

PARATOIA. Struttura manovrata dal mugnaio per regolare l'immissione dell'acqua sulle cassette della ruota idraulica.

RABBIGLIATURA. Intervento praticato con martelli taglienti allo scopo di mantenere affilate le macine, producendo sulla loro superficie delle scanalature (raggi), secondo complicati disegni corrispondenti alla molitura dei cereali diversi (grano, granoturco, castagne).

STAIO. Recipiente che poteva contenere dai 25 ai 36 litri di liquidi e che, riempito di cereali, serviva come unità di misura per quest'ultimi.

SVECCIATURA. Operazione consistente nel separare grano, orzo e altri cereali dai semi di veccia.

TEMPERATOIA AD ARGANO A VITE. Sistema di regolazione della distanza tra le macine. Il mugnaio agendo sull'argano solleva o abbassa la temperatoia.

TRAMOGGIA. Recipiente in legno, a forma di imbuto, nel quale viene versato il grano, che cade così tra le due macine che lo triturano e lo polverizzano.